«Parlare apertamente della morte ha alleviato molte delle ansie dei miei studenti, insieme alle mie. Studiare i modi in cui altre culture affrontano la fine della vita ci ha permesso di vedere che esiste una varietà di possibili risposte alla fragilità e alla finitudine umana, e ci ha aiutato a riconoscere che la morte è parte integrante della vita. E questa è una buona lezione per tutti noi».

Con queste parole, la Prof.ssa Anita Hannig, docente alla Brandeis University (Massachusetts, USA), sintetizza l’esperienza vissuta durante l’insegnamento al corso “Antropologia del morire e della morte”, che lei stessa ha fondato nel 2016. 

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«L’obiettivo del movimento “death positivity” è far uscire la morte dall’armadio, in modo che non sia più percepita come qualcosa di spaventoso, da ignorare e dal quale fuggire, ma diventi parte integrante delle nostre vite». 

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Ogni persona è diversa dalle altre, e ogni persona affronta la morte e il dolore in modo diverso, per cui non esistono regole universali, e precostituite, per affrontare il lutto per la perdita di una persona cara. 

Allo stesso tempo, però, ci sentiamo di condividere con voi cinque consigli, che abbiamo estrapolato per voi da un articolo pubblicato su un sito americano – whatsyourgrief.com* – quasi interamente dedicato al tema del lutto.

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Abbiamo quasi tutti la stessa tendenza: evitiamo di pensare alla nostra morte e rimandiamo a data da destinarsi tutta una serie di decisioni connesse con il morire, la morte e il post-mortem

Questo atteggiamento porta a due conseguenze:

  1. Rischiamo di vivere la fine della nostra vita come mai avremmo voluto.
  2. Ci lasciamo dietro una serie di problemi e di questioni irrisolte, che chi resta deve poi affrontare

Vediamo quindi insieme le cinque domande sulla morte che sarebbe meglio porsi finché si è in vita.

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Un materassino da mare a forma di bara. Una canzone che ci augura la morte. Un’artista che gira il mondo fotografandosi in pose da “scena del crimine“. 

Sono tre modi – ironici e dissacranti – di guardare alla morte, facendola entrare nel nostro vissuto quotidiano e, soprattutto, nelle nostre vacanze estive.

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La fedeltà di un cane non muore mai e le sei storie che abbiamo raccolto in questo articolo lo dimostrano. 

Sono storie vere, accadute in varie parti del mondo: dal Giappone all’Italia passando per gli Stati Uniti e la Scozia. Sono storie di grandissima fedeltà, di amore incondizionato, di un rapporto che perdura anche dopo la morte.

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I genitori lo sanno molto bene: arriva sempre il momento in cui i bambini iniziano a porre domande alle quali è difficile rispondere, e le domande sulla morte sono certamente tra le più complesse.

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La sofferenza per la morte del proprio animale domestico talvolta si rivela uguale, se non maggiore, a quello che proviamo per la morte di un famigliare.

Eppure, il lutto per la morte di un animale d’affezione è ancora poco riconosciuto e spesso ci sentiamo dire frasi come: “Ma stai ancora male per il cane?! Non è normale che soffri così! È morto da un mese!”.

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Le vacanze, soprattutto quelle estive, sono il momento ideale per dedicarsi alla lettura. In questo articolo vi consigliamo cinque libri che affrontano il tema della finitudine umana: dalla malattia alla morte, dall’elaborazione del lutto fino al post-mortem.

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Quando muore una persona che conoscevamo appena, il lutto può prendere contorni più astratti, talvolta difficili da definire e da elaborare. 

Succede quando muore qualcuno che non abbiamo fatto in tempo a conoscere, oppure poteva essere un parente o un amico che, per impegni di varia natura, abbiamo frequentato meno di quanto desiderassimo

In questi casi potreste provare una moltitudine di sentimenti e potreste sentirvi non legittimati a esternarli, rendendo l’elaborazione della perdita più complessa.

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