I giornalisti raccontano la morte ma non la conoscono

di David Randall (da “Internazionale”)

L’attacco terroristico di Nizza, la sparatoria di Monaco, l’incidente ferroviario in Puglia, i bambini investiti dalle macchine in tutte le città a tutte le ore: ogni giorno i notiziari riportano tragedie e manifestazioni in onore dei morti. E, altrettanto inesorabili, sembrano essere le lamentele sui social network per l’incapacità e l’insensibilità dei giornalisti nel raccontare la morte, le sue vittime e le loro famiglie. È una faccenda sulla quale vale la pena di riflettere.

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3 film da non perdere sui funerali

Tre modi diversi, e originali, per mettere in scena il momento dell’estremo saluto: il funerale. Dai funerali solitari e commuoventi di Still Life a quelli che rappresentano l’unico luogo in cui sentirsi appagati e soddisfatti (Harold e Maude), fino al funerale-festa di famiglia – nel quale tutto andrà come non doveva andare – di Funeral Party

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Perché celebriamo funerali?

Sin dalla notte dei tempi, l’uomo ha sentito la necessità di celebrare riti funerari che potessero rispondere a molteplici bisogni, non solo a quello basilare della disposizione rispettosa del corpo. Il Dr. Alan D Wolfelt ha analizzato questi riti e ha messo in evidenza le motivazioni che ancora oggi spingono gli uomini a celebrare funerali. 

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Una stanza dedicata al silenzio

Costituito a Modena all’inizio di questa estate, il Gruppo Nazionale per la Stanza del Silenzio e/o dei Culti. Il Comitato ha lo scopo di promuovere la creazione, all’interno di istituzioni e luoghi caratterizzati dal dolore e dalla sofferenza, di stanze aperte a tutti dove le persone possano contare su momenti di silenzio, di riflessione e di preghiera, senza sentirsi giudicati o in imbarazzo. 

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