All’età di 44 anni è morto Jon Underwood, il fondatore dei Death Cafe, un movimento nato nel settembre 2011 nel seminterrato della sua casa a Londra con l’obiettivo di incentivare le persone a parlare della morte e della finitezza della vita.
Quel primo caffè, ispirato alle idee del sociologo svizzero Bernard Crettaz, che ha sviluppato il concetto di cafe mortels, ha dato vita ad un movimento mondiale: migliaia di incontri si sono tenuti in oltre 50 paesi, tra i quali l’Italia.
Il movimento fondato da Underwood è arrivato infatti anche nel nostro Paese, dove si tengono incontri per parlare del tema della morte davanti a tè, caffè e pasticcini.
«È liberatorio poter parlare della morte senza sentirsi giudicati – ci ha raccontato Alice Spiga, direttrice SO.CREM Bologna, che ha partecipato ai Death Cafe organizzati presso la sede dell’associazione Rivivere. – Non sono incontri macabri né tantomeno tristi, ma occasioni di confronto che aiutano a parlare della morte come si parlerebbe di qualsiasi altro argomento.»
«Dopo questi incontri ci si sente sollevati, come liberati da un peso, – continua Alice – e allo stesso tempo “arricchiti”, perché si ha l’opportunità di confrontarsi con persone di ogni età, sesso, credo religioso, estrazione sociale… e ognuna di loro ha vissuto esperienze diverse rispetto alla morte e ha un proprio personalissimo modo di pensare (e raccontare) la morte.»
«Parlarne in questo modo, in uno spazio sicuro, bevendo una bibita e assaporando dolcetti – conclude Alice – aiuta ad interiorizzare la presenza della morte, ad accettare che essa è parte integrante della vita, pur mantenendo intatto tutto il mistero che l’avvolge».
Per chi fosse interessato, a Bologna i Death Cafe si tengono all’interno della sede dell’associazione Rivivere, capitanata dal tanatologo Prof. Francesco Campione.