Intervista alla dottoressa Sabina Leggio, psicologa esperta in psicoterapia espressiva, per approfondire le terapie espressive, la scrittura terapeutica e le altre metodologie da lei applicate per il trattamento di traumi e lutti.
intervista di Alice Spiga, direttrice di SO.CREM Bologna
Nel corso di questa estate siamo entrati in contatto con la dottoressa Sabina Leggio, psicologa esperta in psicoterapia espressiva. In particolare, siamo stati attratti da un corso che Sabina organizza ogni anno: delle sessioni esperienziali per scoprire i benefici della scrittura terapeutica, un canale espressivo che permette di elaborare il dolore emotivo provocato da una ferita o da un trauma
Sotto nostro invito, Sabina ha gentilmente accettato di concederci un’intervista, così da poter approfondire le terapie espressive, la scrittura terapeutica e le altre metodologie applicate dal suo studio per il trattamento di traumi e lutti.
- Dott.ssa Leggio, in che modo la scrittura può aiutare a superare un blocco, un dolore, una perdita?
«La scrittura, pur non rientrando ufficialmente all’interno delle terapie espressive riconosciute come la danza, l’arte e la musicoterapia, fa parte comunque di quei canali espressivi che aiutano da sempre le persone a contattare il dolore emotivo provocato da una ferita o da un trauma, a trovare parole per raccontare e per far emergere emozioni collegate ad essi.
«Scrivere aiuta a mettere in ordine nel caos della memoria, specialmente se offuscata da forte emotività generata da traumi, a prendere la giusta distanza dagli eventi e dai personaggi della nostra storia personale, a disidentificarsi da ruoli che intrappolano, e a comprendere ciò che è accaduto con più sensibilità e lucidità.
«Scrivere aiuta infatti a fare chiarezza nei propri sentimenti, a esternarli, a “liberarli dal buio”; aiuta nella ricerca di un senso e di un significato della nostra vita, a creare nuovi punti di vista sul passato, a sciogliere ingorghi emotivi dal cuore e dalla mente e a trovare finalmente una via di uscita.»
- Sono richieste doti artistiche particolari per prendere parte agli incontri di scrittura terapeutica?
«No, assolutamente. Chiunque ne senta la necessità può partecipare a questi incontri perché non è il prodotto finale o la prestazione che conta, ma il processo creativo e terapeutico della scrittura.
«Mentre si scrive, infatti, si entra in uno “spazio sacro” dentro di noi, dove è necessario il silenzio e l’ascolto, dove non c’è posto per le identificazioni o i preconcetti, uno spazio vuoto dove tutto si crea, tutto si trasforma, e rinasce come accade nei processi alchemici.
«Alla fine, lo scritto viene condiviso con gli altri. La condivisione è un momento fondamentale che, come nelle terapie espressive tradizionali, si rivela centrale nel processo di elaborazione di qualsiasi trauma.»
- Perché è così importante il momento della condivisione?
«Nella nostra società, il dolore spesso viene vissuto in solitudine. Si ha la tendenza a chiudersi in se stessi, a soffrire da soli per paura di arrecare disturbo o di “contagiare” gli altri con la nostra tristezza. È invece importante la presenza di qualcuno, qualcuno che sia il testimone di quel dolore, che svolga la funzione di contenitore delle emozioni che, talvolta, sono troppo intense e devastanti. Il fatto di condividerle è parte integrante del processo di integrazione del dolore dentro noi stessi.»
- In che modo le terapie espressive possono aiutare nella condivisione del proprio dolore?
«Le terapie espressive aiutano l’elaborazione di un trauma perché danno voce al corpo e alle sensazioni memorizzate in esso. Il corpo e la mente non sono scollegati fra loro, per questo è necessario coinvolgere anche il corpo nell’esperienza terapeutica, per integrarla e radicarla nel Sé.
«Quando viviamo una qualsiasi esperienza, piacevole o spiacevole, il corpo è sempre presente, anche se non ce ne accorgiamo. Tutto viene registrato in esso attraverso canali sensoriali. Le terapie espressive favoriscono il recupero della memoria corporea, “implicita”, e la sua espressione.
«Il setting è diverso rispetto alla psicoterapia verbale in quanto si stimola l’uso non solo della parola, ma anche e soprattutto l’utilizzo di materiale e di produzioni artistiche (arte-terapia) oppure di gesti e sequenze di movimento (danza-movimento terapia) che emergono durante la seduta e che sono ricchi di significato.
«Parlare del trauma significa viverlo con la mente, significa razionalizzarlo e non sempre questo ci consente di rielaborarlo. Vivere il trauma con e attraverso il corpo significa invece accogliere dentro se stessi un dolore che, in quel momento, sta girando a vuoto, bloccandoci tra il rimugino del passato (rimpianti, recriminazioni, sensi di colpa, ecc.) e le ansie verso il futuro (“come farò a vivere senza?” / “Non avrò mai la forza di” / “Starò male per sempre” / “Non guarirò mai”). È importante sentirsi liberi e in diritto di provare quel dolore, che spesso invece tendiamo a soffocare.
«Anni di ricerche e studi, condotti da parte di psicoanalisti, danzatori e coreografi, hanno permesso di sviluppare metodi terapeutici che utilizzano il movimento come mezzo di espressione e di comunicazione nella relazione terapeuta-paziente, creando una metodologia di ricerca e di studio del movimento molto dettagliata e scientifica. Mi riferisco alla Laban Analysis e al Kestenberg Movement Profile, veri e propri strumenti di analisi e decodificazione del movimento.
«Il movimento è intrinseco nella comunicazione pre-verbale, e può rivelarsi un valido aiuto nelle situazioni in cui vi è difficoltà o degenerazione dell’espressione verbale, nelle psicosi e nell’autismo, nelle varie forme di patologie organiche acute o croniche, nei disturbi neurologici; oppure nel trattamento delle sindromi da stress post-traumatico e nelle fasi di crisi legate al ciclo della vita, come in caso di lutto, di separazione, dove spesso si resta ammutoliti dal dolore e si riscontra una grande difficoltà a esprimersi a parole.»
- Un altro metodo di guarigione, che le applica ormai da diversi anni nel processo di elaborazione di traumi da lutto e da separazione, sono le costellazioni familiari; può spiegarci di che cosa si tratta?
«Si tratta di un metodo di guarigione del sistema familiare. Si basa su dei principi o leggi universali secondo cui la vita fluisce sempre come un fiume, dall’alto verso il basso, per cui i grandi danno la vita ai piccoli e danno loro sostegno, che i piccoli ricevono. Ciò che crea sofferenza, perché innaturale, è il contrario, cioè quando i piccoli danno sostegno e sorreggono i grandi.»
- Questa inversione di ruoli quando si verifica?
«Generalmente quando ci sono traumi non elaborati. Di frequente sono lutti o separazioni. Poniamo l’esempio di una bambina alla quale muore la mamma. Se il padre, per il troppo dolore, escluderà la moglie deceduta e la figlia non riceverà il sostegno e la protezione degli adulti, la bambina si inserirà, in modo inconsapevole, nel vuoto lasciato dalla mamma, andando a ricoprirne il ruolo e includendo nuovamente la figura esclusa nel sistema familiare. In questo modo, però, soffrirà perché i piccoli non possono dare sostegno ai grandi, e nemmeno prenderne il posto.
«Grazie alle Costellazioni Familiari e Sistemiche vengono riportati in superficie gli eventi che hanno creato esclusioni o inversioni di ruoli nel sistema familiare e, attraverso la semplice verbalizzazione di frasi, viene ripristinato l’ordine e rivitalizzati gli antichi legami interrotti. In tal modo i sentimenti torneranno a fluire in modo armonico, portando guarigione a tutti i membri della famiglia.
«Durante questi incontri si avvertono proprio i benefici della re-inclusione della persona defunta: i famigliari si sentono più sereni e più liberi perché prendono coscienza che era lui a mancare e possono finalmente ridargli il posto che gli spetta di diritto all’interno della famiglia».
Sabina Leggio
Psicologa specializzata in psicoterapia espressiva, è terapista EMDR per il trattamento di traumi e lutti. Attualmente collabora con Psicologi per i Popoli dell’Emilia Romagna nell’ambito della psicologia dell’emergenza (in collaborazione con la Protezione Civile di Bologna) e con ASSISTO per l’Assistenza Psicologica Gratuita ai familiari delle vittime della strada.
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