Intervista a Giorgio Scalici | creatore del Network Italiano sulla Morte e l’Oblio

Giorgio Scalici è antropologo, studioso di riti funerari, appassionato esploratore del tema della morte e creatore di NIMO – Network Italiano sulla Morte e l’Oblio.

Tornato in Italia dopo differenti esperienze all’estero, si accorge infatti della mancanza di un centro studi, un luogo dove tutti coloro che si interessano al tema della morte – cittadini curiosi compresi – possano entrare in contatto e collaborare.

Prende quindi una decisione: «Se in Italia non esiste un centro studi interdisciplinare sulla morte, posso crearlo io». E oggi siamo qui, a ripercorrere il viaggio che l’ha condotto a creare NIMO e a lasciarvi qualche spunto di riflessione sul modo in cui viviamo la morte.

Quando è nata l’idea di creare un network italiano dedicato al tema della morte? A quali esperienze pregresse ti sei ispirato?

L’idea di NIMO è nata durante un convegno sulla morte organizzato a Padova da Ines Testoni, ma il germe di quell’idea si era innestato in me molto tempo prima. Dopo la laurea, infatti, avevo scelto di trasferirmi in Inghilterra per approfondire un tema che iniziava ad appassionarmi sempre di più: i riti funerari. Lì trovai non solo un terreno molto fertile per far germogliare i miei interessi, ma anche un ambiente estremamente più stimolante rispetto all’Italia. In Inghilterra, infatti, sono attivi molti centri studi dedicati ai Death Studies.

In Italia si inizia da qualche anno a parlare di Death Education – l’educazione alla morte; argomento certo stimolante, ma io non sono un educatore, sono un antropologo, quindi non mi posso occupare di educare alla morte. Nel direttivo abbiamo un’educatrice, Giulia Rondani, e per il futuro stiamo pianificando anche degli interventi di Death Education, ma al momento il focus resta sulla divulgazione dei temi della morte, quindi sui Death Studies.

Nel nostro paese si svolgono infatti moltissimi studi sulla morte: si affronta il tema dal punto di vista filosofico, antropologico, storico, artistico, letterario, archeologico, ma gli studiosi sono tutti scollegati tra loro e collaborano di rado, senza alcun “contenitore” che possa raggrupparli. Così, ho pensato: «Se in Italia non esiste un centro studi interdisciplinare sulla morte, posso crearlo io». E così è nato NIMO.

Quali obiettivi ti sei posto con la nascita di NIMO?

Il primo – e più importante obiettivo – è stato creare un luogo, sebbene virtuale, per mettere insieme tutte le persone che parlano, hanno interesse e studiano la morte, aperto non solo a chi ha un ruolo universitario e accademico, ma anche alle associazioni, alle aziende, ai privati, a chiunque abbia la passione per lo studio della morte. Per farvi capire: la nostra vice-presidente, Giada Paone, lavora in un settore molto diverso, eppure ha una passione infinita per queste tematiche.

Inoltre, desideravo che fosse un luogo di condivisione. Per questo, stiamo organizzando un evento online al mese in videoconferenza, oltre a una conferenza annuale, gratuita e aperta, che si svolge in presenza e online, per offrire a tutti la possibilità di partecipare. Invitiamo anche a iscriversi alla nostra newsletter, che considero uno strumento fondamentale per condividere notizie, corsi, eventi, pubblicazioni e approfondimenti sui temi a noi cari.

Dalla nascita di NIMO ad oggi, quali risultati sei riuscito ad ottenere? Quali le soddisfazioni?

Il risultato più importante è non essere più solo a portare avanti NIMO. Adesso ho alle spalle un consiglio direttivo composto da nove persone, ognuna con il proprio ruolo e compito, e stiamo facendo i primi passi per diventare Associazione.

Dal punto di vista delle soddisfazioni: sono tantissime! Rispetto all’inizio, è cresciuto sensibilmente l’interesse verso NIMO da parte sia dei professionisti (per il convegno di maggio 2025, abbiamo ricevuto il 60% di abstract in più rispetto all’anno scorso) sia delle persone comuni, che hanno voglia di parlare della morte, ma non ne hanno mai l’occasione (ai nostri eventi, i partecipanti pongono sempre tantissime domande).

Il commento che mi ha fatto più piacere in assoluto è stato: «Non pensavo che fossimo così tanti» e questo mi ha dato la conferma che con NIMO stiamo creando una coscienza di classe tra gli studiosi della morte, uscendo da quella sensazione di isolamento che io stesso ho sperimentato.

Che cosa potremmo imparare dalle altre culture con cui sei venuto in contatto?

Dopo la laurea, prima della mia esperienza in Inghilterra, ho trascorso un periodo di tempo in una comunità indonesiana e sono rimasto molto colpito dal loro modo di considerare la morte. Per i Wana di Morowali, Sulawesi centrale, il dolore è una parte inevitabile della vita, per questo lo rendono utile e positivo.

I funerali diventano occasioni per stare assieme: durano due giorni e tutta la comunità si riunisce attorno alla famiglia. È un rito che coinvolge tutti e ci si lascia andare a manifestazioni di dolore pubblico, finanche a momenti di violenza e distruzione – sempre in sicurezza – in modo da vivere il dolore della perdita con tutto il corpo.

Basandoti sulla tua esperienza di antropologo e di studioso del tema della morte, come pensi che venga invece vissuta la morte nel nostro Paese?

La morte, in Italia, non è parte della nostra vita: la lasciamo ai margini, ci pensiamo all’ultimo momento possibile o se ci ammaliamo. Non la elaboriamo nel corso della vita, per cui spesso la nostra concezione della morte non evolve insieme a noi.

Il funerale poi non riguarda più la comunità, in tanti casi non riguarda nemmeno la famiglia. I riti funerari sono diventati un modo per imbrigliare le emozioni, non per lasciarle uscire o guidarle. Non si lascia spazio al lutto: i dolenti devono tornare alla normalità e il più in fretta possibile. I riti laici, poi, sono ancora molto rari e spesso le famiglie si ritrovano a celebrare funerali religiosi anche se né loro né il defunto hanno mai messo piede in una chiesa.

E per il futuro? Quali progetti hai in cantiere per NIMO?

Sicuramente trasformare il Network in un’Associazione di Promozione Sociale e avere una sede fisica, poi creare una collana editoriale che raccolga gli studi sulla morte e continuare con gli eventi, che sono la spina dorsale di NIMO e sempre lo saranno.

VISTO DA VICINO

Giorgio Scalici è nato a Palermo nel 1986 ed è assegnista di ricerca per il progetto Ru.Com Italy presso il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione (Università degli Studi di Palermo). Ha conseguito la laurea magistrale in Etnomusicologia presso l’Università di Roma “La Sapienza” e il dottorato di ricerca in Studi Religiosi presso la Durham University. Si sta attualmente interessando alla libertà di culto, funerali e minoranze religiosi in Italia e tra i suoi interessi ci sono il rapporto tra morte e fumetti e tra morte e musica.

Per approfondire

Si consiglia di consultare il sito www.nimonetwork.it

Su questo sito, abbiamo anche parlato del prossimo convegno NIMO su morte, lutto e perdita