Un dibattito di grandissimo interesse quello al quale abbiamo assistito venerdì 3 marzo presso l’Accademia delle Scienze di Bologna, in occasione della presentazione del disegno di legge sul testamento biologico.
Venerdì 3 marzo 2017, presso l’Accademia delle Scienze di Bologna, si è infatti svolto il convegno “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari”, presieduto da Luciano Vandelli e introdotto da Carla Faralli.
Ospite d’onore del Convegno: l’Onorevole Donata Lenzi, deputata della Repubblica Italiana e capogruppo PD della XII commissione permanente affari sociali sul disegno di legge C.3970 “Disposizioni in materia di consenso informato, di disposizioni anticipate di trattamento e di testamento biologico”.
Nel corso del suo intervento, l’On. Lenzi è entrata nel dettaglio del testo presentato alla Camera in data 2 marzo 2017; un testo che ora attende l’approvazione prima della Camera stessa (è prevista la discussione in aula il 13 marzo), poi del Senato per poi diventare Legge. Cosa che, si augura l’Onorevole, si spera possa avvenire prima della fine della Legislatura.
Il disegno di legge presentato, spiega l’On. Lenzi, poggia le sue basi sul modulo di consenso informato, che rappresenta già la base della relazione tra medico e paziente, e famiglia del paziente. Il modulo di consenso informato è visto, nel nuovo disegno di legge, come il punto d’incontro tra la volontà del paziente e la professionalità del medico.
Il modulo di consenso informato dà già al paziente il diritto sia di accettare o di rifiutare le cure proposte dal medico sia di revocare il consenso alle cure (incluse nutrizione artificiale, idratazione e ventilazione). Come ha sintetizzato molto bene l’Onorevole stessa: «Ogni paziente, adeguatamente informato sulla malattia e sulle cure, ha il diritto di dire sì, no, adesso basta».
Allo stesso tempo, però, il consenso informato ha oggi dei limiti, che l’onorevole esemplifica in questo modo: se il rifiuto o la revoca alle cure viene da un malato terminale, l’interruzione accelera di poco una fine già inevitabile, e il medico non rischia nulla accettando la volontà del malato.
Ma se il rifiuto o la revoca viene da una persona che, pur essendo malata, ha ancora una lunga prospettiva di vita, allora l’interruzione delle cure potrebbe portare a un’accelerazione del processo di morte che accorcerebbe la vita di anni, non di giorni.
È in questo secondo caso che entrano in gioco le nuove Disposizioni anticipate di trattamento, che il medico è tenuto a rispettare senza correre il rischio di essere perseguito civilmente o penalmente.
Le disposizioni, così come sono state concepite nel disegno di legge, avranno infatti valore vincolante (non è stata prevista, almeno per il momento, nemmeno l’obiezione di coscienza da parte del medico).
Due sono i modelli previsti per le Disposizioni:
- Un modello più “generico”, che permetterà di esprimere volontà, indicazioni e orientamenti personali e sarà sottoscrivibile dalle persone in salute.
- Il secondo è previsto invece molto più dettagliato e specifico, pensato per chi, al momento della sottoscrizione, soffre già di una specifica malattia (in questo caso, tra l’altro, è prevista la condivisione e la firma del medico, che si impegna a non abbandonare il paziente).
In entrambi i casi vengono introdotti due elementi di grande importanza:
- Sarà obbligatorio individuare un Fiduciario (una figura che rappresenta l’evoluzione dell’Amministratore di Sostegno). Il fiduciario sarà colui che avrà in mano l’attualizzazione della volontà del malato nel caso in cui quest’ultimo non fosse più in grado di farla valere.
- Le Disposizioni anticipate di trattamento non avranno alcuna data di scadenza. In qualunque momento della vita debbano essere utilizzate, sarà il paziente stesso o il fiduciario in sua vece ad attualizzarle con il medico.
Se dovesse sorgere un conflitto tra medico e paziente o tra medico e fiduciario, sarà il giudice tutelare a intervenire.
Si tratta dunque di un disegno di legge che, volutamente, non ha alcun legame con l’eutanasia o con il suicidio assistito che, secondo l’Onorevole, dovrebbero essere eventualmente protagonisti di una legge dedicata.
È anche un disegno di legge che intende riportare in primo piano la relazione tra medico e paziente, puntando a far entrare il modulo per il consenso informato nei “tempi della cura”.
Dopo la presentazione dell’Onorevole, il convegno ha visto la partecipazione di alcuni professionisti del campo della giurisprudenza, del diritto e della scienza medica, invitati a commentare e discutere sul disegno di legge, esponendo le loro perplessità.
Il dott. Guido Biasco, Presidente dell’Associazione Cure Palliative, ha posto l’accento sull’importanza di stabilire bene che cosa si intenda per qualità della vita e qualità della morte, sul valore etico del consenso informato (“E se il paziente non vuole sentire la verità?”, si chiede e ci chiede) e sul ruolo del medico nell’attuazione delle disposizioni: «Se il paziente ha lasciato scritto di voler morire nel suo letto e la famiglia mi chiede il contrario? Che cosa può fare il medico? Deve rispettare la volontà del malato oppure venire incontro ai bisogni della famiglia?».
Il Prof. Stefano Canestrari, professore ordinario di Diritto Penale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna e membro del Comitato Nazionale per la Bioetica, ha lodato la “trama logica e coerente” del disegno di legge, sottolineando come il rifiuto alle cure, così come normato dal DDL, arriverebbe a sostituire de facto l’eutanasia passiva, lasciando eutanasia attiva e suicidio assistito all’interno di un discorso sul fine vita.
Secondo il dr. Giampiero Cilione, direttore amministrativo dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, che definisce il testo presentato dalla On. Lenzi ha due caratteristiche importanti: la nomina del fiduciario perché «La perdita della coscienza non può significare anche la perdita di un diritto» e il fatto che le DAT possano essere messe in discussione di fronte a progressi medici rilevanti: «Quante malattie erano incurabili appena 10 anni fa e ora sono perfettamente risolvibili?» – conclude.
Ultimo intervento: quello tenuto dal Prof. Paco D’Onofrio, docente di diritto pubblico, secondo il quale sarebbe meglio prevedere l’obiezione di coscienza, onde evitare di trovarsi di fronte a problemi logistici e gestionali poi difficili da risolvere. Infine, D’Onofrio si chiede e ci chiede: «Se le DAT devono essere per forza scritte, non avranno più valore le ricostruzioni basate sulle testimonianze, orali e scritti generici, che in passato hanno avuto un ruolo determinate (come nel caso Englaro)?».
Risposta parziale arriva subito dall’Onorevole, che afferma: «Abbiamo già previsto anche la possibilità di registrare video per chi fosse impossibilitato a scrivere».
Nella foto, da sinistra a destra: Paco D’Onofrio, Guido Biasco, Carla Faralli, Luciano Vandelli, Donata Lenzi, Stefano Canestrari, Giampiero Cilione.