LO SCORSO 29 OTTOBRE si è tenuto a Bologna, presso la sede dell’Associazione Rivivere guidata dal professor Francesco Campione, il primo Death Café italiano. L’evento, che ha riscosso un notevole successo di pubblico, ha costituito l’occasione per discutere liberamente di un tema sempre più tabù per la nostra società: quello della morte. Perché se è vero che ogni giorno siamo esposti alla morte violenta (quella di cui ci parlano continuamente i media), è altrettanto innegabile che qualsiasi discussione sul decesso “naturale” tende a essere accuratamente evitata.
Di seguito vi proponiamo il racconto della serata scritto da Claudia Arletti, giornalista del quotidiano La Repubblica:
«Per tre giorni dopo la morte i capelli e le unghie continuano a crescere, ma le telefonate progressivamente calano» se la rideva in tv Johnny Carson – oggi ampiamente defunto – ai tempi d’oro dei giochi a quiz. Della morte talvolta si può e si deve ridere. Ma soprattutto si dovrebbe parlare: non fa forse parte della vita di tutti i giorni?
Lo sa bene una nonna di Bologna cui disgraziatamente morì il nipotino, precipitato da una finestra mentre era in casa con lei. Il dolore avvolse la povera signora, ma a rendere insopportabile lo strazio fu il comportamento di amici e vicini dopo il funerale. Nessuno osava parlarle; chi per caso la incontrava, la evitava con veloci dietrofront, fughe sulla porta dell’ascensore e silenzi imbarazzati. «Una reietta, un paria. Ma c’è da capire quelle persone, non sappiamo come affrontare la morte, quella dei nostri cari e quella di chi conosciamo appena» spiega Francesco Campione, medico e psicologo, docente universitario e tanatologo – esperto di ciò che si dice e si pensa riguardo alla morte – e ora audace promotore in Italia dei Death Cafè, già diffusi in Svizzera e nei Paesi anglosassoni: serate da non credersi, dove persone di ogni età ed esperienza si ritrovano intorno a vassoi di tè e pasticcini per condividere lutti, paure, fantasmi, lacrime, idee, ricordi e persino risate. Anche al primo Death Caffè all’italiana, che si è svolto poche settimane fa a Bologna, scoppi di ilarità hanno spesso alleggerito l’atmosfera. L’appuntamento era alle 21 nel palazzo del centro dove ha sede l’associazione Rivivere, impegnata, fra le altre cose, a dare assistenza psicologica a chi ha perso una persona cara – e perciò anche ai bambini cui la sorte ha portato via un genitore o magari un fratellino.