Cremazione e riti funerari durante il Coronavirus: 3 esempi

In questi mesi abbiamo assistito ad avvenimenti che mai avremmo immaginato: le salme trasportate dall’esercito, i poli crematori che lavoravano a ciclo continuo, l’assenza assoluta di cerimonie funebri, i cancelli dei cimiteri chiusi. 

Un fenomeno che non ha riguardato solo l’Italia, ma tutto il mondo. L’assenza di rituali funebri ha infatti avuto un impatto decisivo a livello globale, come dimostra un articolo pubblicato sul sito di radio KCRW, che ha raccolto le testimonianze di undici corrispondenti esteri. 

In particolare, in tre paesi (India, Cina e Filippine), le politiche di contenimento del Coronavirus hanno inevitabilmente interrotto i rituali legati alla cremazione, con ricadute sulla popolazione e sull’elaborazione della morte e del lutto.

In India: al bando le cremazioni collettive

Nella città santa indù di Varanasi, dove il rito della cremazione è sempre avvenuto su enormi pire di legno circondate da migliaia di persone, inclusi i turisti, oggi c’è solo un sacerdote indù, che recita una preghiera quotidiana, come gesto simbolico alla dea indù Ganga, che i fedeli credono incarni il fiume.

Gli indù credono infatti che essere cremati vicino al Gange, o disperdere le ceneri nelle sue acque, assicuri la salvezza, ma con il blocco degli spostamenti, le famiglie non sono in grado di trasportare i corpi o le ceneri dei loro cari al fiume, quindi le cremazioni avvengono solo nei crematori, dove le ceneri restano poi in attesa di essere ritirate. 

In Cina: le ceneri restano in attesa

Anche in Cina, in particolare nella città di Wuhan, le famiglie sottoposte a quarantena hanno potuto ritirare le ceneri dei propri defunti solo dopo oltre due mesi.

Ora che l’allerta si sta placando, le famiglie possono finalmente andare a ritirare le urne, ma solo a orari concordati, così da impedire la formazione di assembramenti.

Nelle Filippine: cremazioni veloci

Un editto del governo ha decretato che le vittime di COVID-19 devono essere cremate entro dodici ore, a meno che il defunto non appartenesse a una religione che vieti la cremazione.

Se il defunto è un musulmano, ad esempio, il corpo del defunto può essere sepolto nel cimitero musulmano più vicino, però sempre entro dodici ore.

L’obbligo di rispettare le dodici ore è stato male accolto dalla popolazione: la tradizione richiederebbe, infatti, un periodo di veglia del defunto compreso fra tre e sette giorni. 

Per approfondire

Si consiglia la lettura dell’articolo completo Coronavirus Is Changing The Rituals Of Death For Many Religions