In una società che rifugge la morte, dove le persone tendono a nascondersi dietro lo schermo di un PC o di uno SmartPhone, siamo sempre meno avvezzi a esprimere il nostro cordoglio. In questo articolo condividiamo 6 suggerimenti per ritrovare “l’arte delle condoglianze“.
Una volta era la normalità: quando moriva qualcuno, che fosse un parente, un amico, un vicino di casa, si inviava alla famiglia un biglietto di condoglianze che esprimeva la partecipazione al dolore e al lutto (la parola condoglianze deriva infatti dal verbo latino condolere, che significa piangere o soffrire insieme a qualcuno).
Questa consuetudine è stata quasi del tutto sostituita dai messaggini via WhatsApp, dai commenti (sia pubblici sia privati) su Facebook, dove spesso rinunciamo a cercare le parole giuste e preferiamo utilizzare faccine tristi, cuori e disegni.
Esprimere in questo modo la propria compartecipazione al dolore non è sbagliato però, in una società che rinnega con forza la morte, che fatica persino a nominarla e che tende sempre più a nascondersi dietro lo schermo di un computer o di uno SmartPhone, stiamo rischiando di perdere quella che The New York Times definisce “l’arte delle condoglianze”.
È proprio per recuperare questa “antica” arte che il famoso quotidiano newyorchese ha deciso di interpellare alcuni esperti, cercando di far emergere il modo più corretto per esprimere il proprio cordoglio e la propria partecipazione.
Dall’articolo pubblicato su The New York Times, che per certi aspetti appare un po’ troppo commerciale, quasi volesse convincere le persone a spendere soldi per acquistare biglietti listati a lutto, abbiamo estrapolato e riassunto 6 consigli utili per esprimere le proprie condoglianze.
- Ammetti di essere rimasto senza parole
La maggior parte delle persone, di fronte a una persona che ha appena subito un lutto, non sa che cosa dire. Ammettere di essere senza parole è senza ombra di dubbio il modo migliore di esprimere la propria partecipazione al dolore, evitando frasi fatte e clichés che potrebbero risultare poco graditi.
«Zero luoghi comuni – afferma l’imprenditrice Chanel Reynolds*, intervistata da The New York Times – Se ti senti in imbarazzo e hai bisogno di riempire il silenzio con delle frasi fatte tipo “lui ora è in un posto migliore”, beh, meglio lasciar perdere e non dire niente».
- Condividi un ricordo positivo
«Quando è morto mio padre – ha raccontato il poeta Kevin Young** a The New York Times – le condoglianze che mi hanno fatto più piacere sono state quelle da parte di sconosciuti che hanno condiviso un ricordo su di lui.
È stato importante per me: in quel momento pensavo solo alla mia relazione con lui, e realizzare che lui aveva avuto un impatto anche su gli altri è stato confortante».
- Evita di fare paragoni
Una delle frasi che si tende a dire più di frequente è: “So che cosa stai provando”. Ebbene, è una delle frasi più false che possiamo dire a chi ha appena subito un lutto. Ognuno sperimenta il dolore in modo differente, c’è chi si sente arrabbiato o sopraffatto, chi si immerge nel lavoro, chi ha bisogno di pulire tutta la casa e chi invece non riesce ad alzarsi da letto.
Quando si afferma di sapere che cosa l’altro stia passando, si finisce infatti inevitabilmente per parlare di se stessi, ignorando quello che l’altra persona sta realmente provando.
- Smetti di evitare la parola che inizia per “M”
Nella nostra società, pur di evitare di dire che una persona è morta, ci siamo inventati una lunga serie di locuzioni come “è passata a miglior vita”, “se n’è andata”, “non è più tra noi”, “ora riposa in pace” e ancora “è deceduto”, dal verbo decedere, che significa separarsi, allontanarsi, mentre morire viene dal latino mŏrĭor: spegnersi, estinguersi, finire, svanire, dileguarsi.
Dovremmo ricominciare a parlare della morte in maniera più diretta perché le locuzioni che stiamo utilizzando ci stanno lentamente allontanando dal significato più profondo e più misterioso del morire, dandogli delle connotazioni che valgono per noi, ma che potrebbero non valere per gli altri.
Non per tutti la morte significa andare in un posto migliore e per tanti altri non si smette di essere tra noi solo perché si è morti – restano i ricordi, restano i sentimenti, resta l’amore.
- Facebook non è sufficiente
Sempre più persone imparano della morte di un amico attraverso i Social Media. Il primo istinto è di pubblicare un commento o scrivere una e-mail. Non è un primo approccio sbagliato, ma non deve rimanere l’unica espressione di cordoglio.
Sui social network i commenti fanno presto a moltiplicarsi e, nel loro moltiplicarsi, presto perdono di consistenza, finiscono per sembrare tutti uguali, tanto che a volte nemmeno li leggiamo tutti.
Il biglietto è qualcosa di diverso, è qualcosa che resta, che si può conservare. Inoltre finisce inevitabilmente per assumere un significato forte per la famiglia che lo riceve perché chi lo ha inviato avrà dedicato tempo e spazio per scegliere la carta e la busta più appropriate, per trovare la parole giuste da scrivere, riservando il proprio pensiero alla persona morta e alla famiglia in lutto.
- Cosa scrivere nel biglietto?
Jane Lear***, scrittrice e redattrice, dopo aver trascorso molteplici anni a studiare l’evoluzione delle condoglianze, cita il modello di Millicent Fenwick in Vogue’s Book of Etiquette, pubblicato nel 1948:
- prima di tutto un’espressione di cordoglio (“Mi è dispiaciuto sentire della morte di…”),
- poi poche parole in ricordo della persona (un aneddoto qualsiasi, anche divertente)
- e infine delle parole di conforto (ti sono vicino in questo momento di dolore).
Anche se, ammette lei stessa, il biglietto di condoglianze più apprezzato tra quelli ricevuti alla morte del fratello era brevissimo. Diceva solo: “Mia cara Jane… che schifo!”.
…
Nota di redazione
In breve, i profili delle persone intervistate da The New York Times:
*Chanel Reynolds – imprenditrice, rimasta sola con un bambino di 5 anni dopo la morte del marito 43enne, rimasto ucciso in un incidente in bicicletta, ha deciso di creare un’attività per aiutare le persone a sistemare i loro affari prima della loro morte.
**Kevin Young – poeta e professore di scrittura creativa alla Emory University, ha incanalato il dolore per la morte del padre pubblicando un’antologia di poesie dedicate al lutto (The Art of Losing) e una raccolta di saggi: Book of Hours.
***Jane Lear – scrittrice e redattrice, ha trascorso diversi anni studiando l’evoluzione del significato del morire, della morte e delle condoglianze.