SECONDO QUANTO RIPORTATO nello studio europeo “Appeal” (Advancing the Provision of Pain Education And Learning), condotto sui programmi di studio di 242 facoltà di Medicina delle università di 15 stati europei, solo lo 0,2% dell’insegnamento totale è dedicato al dolore. L’82% delle facoltà considerate non ha poi un corso obbligatorio sul dolore, e in tutti i casi questo tema resta del tutto marginale. Il costo del dolore ha pesanti ricadute sui bilanci della sanità pubblica, ma lo studio sottolinea giustamente come ancor più rilevanti siano “gli immensi costi non quantizzabili in termini di sofferenza individuale, di perduta qualità di vita e di opportunità di lavoro, dignità e gioia, per la persona che soffre ma anche per i suoi familiari”.
Ancora, si evidenzia come oggi in medicina ci siano, da un lato, “troppa attenzione alla tecnologia e ai numeri” e, dall’altro, “poca attenzione al paziente come creatura che soffre”. Considerazioni del genere sottolineano la necessità di fare ulteriori passi avanti nelle cure palliative, che a maggior ragione vanno considerate strumenti essenziali per tutelare la dignità del sofferente e dei suoi familiari.
In Italia, il diritto ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore è riconosciuto dalla legge n. 38 del 15 marzo 2010 “al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza”.
Secondo Antea Onlus Cure Palliative, associazione romana che da 25 anni assiste i malati terminali, in Italia sono più di 15 milioni i malati che soffrono di dolore cronico. E oltre il 30% delle persone colpite ha difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane.