Forse non tutti sanno che, nel 1926, a Marc Chagall fu affidato il compito di illustrare le celebri Favole di La Fontaine. L’abbiamo scoperto visitando la mostra “Chagall. Sogno e magia”, allestita a Bologna all’interno di Palazzo Albergati fino al 1° marzo 2020.
Osservando le magnifiche illustrazioni realizzate da Chagall, non ci siamo stupiti di trovare diverse tavole dedicate al tema delle morte. Ogni favola di La Fontaine ha infatti un profondo significato morale e nasce per svelare gli aspetti più reconditi della natura umana.
Dall’analisi di quattro favole dedicate al tema della morte possiamo quindi trarre non solo il modo in cui La Fontaine si rapportava con la morte, ma anche il modo in cui i suoi contemporanei, ritratti dalla spietata penna di La Fontaine, vivevano la finitudine umana.
Al funerale non ti dolere
Nella favola “Esequie alla leonessa”, tutti gli animali si presentano al funerale della loro regina che, nel corso della vita, ha incusso timore e reverenza quasi in egual misura. Solo uno tra i presenti non riesce a nascondere la propria soddisfazione per la morte della regina: il cervo, la cui famiglia è stata sbranata dalla leonessa.
Quando il leone si accorge della gioia dipinta sul muso del cervo, gli intima: «Brutta bestia dei boschi, osi sghignazzare innanzi a me, mentre si piange e mentre siamo in chiesa?».
Il cervo, per tutta risposta, ribatte: «La regal Consorte cinta di fior, dal regno della Morte or or mi apparve e bella, in sua gentil favella e dolce riso: “Io son beata”, disse, “e vo tra i santi a discorrere santa in paradiso. Dunque i sospiri cessino ed i pianti. Mi conforta il dolore universale e il pianto del mio re, ma dico a te che a un’anima beata è festa il funerale».
A questo udire, il leone e tutti gli animali si sentono sollevati e più non si dolgono per la triste fine della loro regina.
Morte: vade retro
Nella favola “La morte e il disgraziato”, La Fontaine tratteggia la storia di un uomo tanto disperato da chiamare a gran voce l’arrivo della morte, affinché essa ponga fine alle sue sofferenze.
Ma quando la Morte, nella sua lugubre veste, si mostra al derelitto nel suo letto, ecco che egli si spaventa a tal punto da preferire il dolore. La Fontaine porta dunque agli estremi la paura che gli uomini hanno della morte, concludendo:
«Ficcatemi in un letto,
pesto, monco, senza fiato
e dai mali assassinato,
pur ch’io viva son contento.
Per qualunque cosa accada,
brutta Morte, cambia strada».
Lo stesso concetto è ribadito nella favola “La morte e il boscaiolo” (nell’immagine sotto). Anche in questo caso, il boscaiolo è descritto come curvo, accasciato e stanco, talmente affaticato dalla vita da invocare: «O Morte, a questi mali poni un rimedio e un fine».
Ma appena la morte arriva ad accontentare la richiesta del boscaiolo, ecco che egli fa subito marcia indietro: «O grazie, soltanto ti chiamai,
perché mi aiuti a reggere un po’ questo fardello».
Così commenta, sarcastico, La Fontaine:
«È la morte un gran rimedio
a chi è stanco di soffrir.
Sarà ver, ma piace agli uomini
più soffrire che morir».
L’avidità ci sarà fatale
Implacabile nella sua critica sociale è il La Fontaine della favola “Il curato e il morte”. Un prete di campagna segue infatti il carretto che trasporta un morto e, mentre cammina, «Biascica versetti ed orazioni, de profundis, dies irae, tutto quanto e intanto già pensava al tornaconto».
Pensa: «Un tanto per i fiori e le candele, tanto per il trasporto al camposanto, più la tariffa per il funerale…» e tramuta tutto in «una botte di moscato, però di quello buono, di collina, un tanto per la vecchia Pasqualina – così brava in cucina – che ha il grembiule tutto consumato;
e poi mi resta da ricompensare quella nipote che è così carina…»
Ed ecco, con uno schianto, il carretto si fracassa, la cassa in legno scivola diritta addosso al curato e «Lo lascia stecchito. Così, morto e curato vanno insieme al Creatore».
…
Per approfondire
Si invita a visitare la mostra “Chagall. Sogno e magia”