Il mestiere di fotografo di funerali: tre esempi

Durante i matrimoni, la presenza di un fotografo che scatta immagini agli sposi e agli invitati è una realtà consolidata che non stupisce e che non crea possibilità di imbarazzo o di turbamento. 

Molto meno consueta, invece, la presenza di un fotografo professionista ai funerali, a meno che non si tratti di defunti famosi o di funerali di stato, nei quali è presente la stampa. 

Eppure, forse qualcosa sta cambiando, come evidente nei tre esempi che riportiamo di seguito.

1. In Regno Unito

Rachel Wallace è una delle prime “fotografe funebri” del Regno Unito. 

«Sapevo che scattare fotografie in un’occasione simile – ha dichiarato in un’intervista a Good Funeral Guide – avrebbe comportato la rottura di un enorme tabù, ma sapevo anche che sarebbe stato di grande conforto per i superstiti. E così è stato.

«Coloro che hanno scelto di avere la mia presenza alla cerimonia funebre sono stati così riconoscenti per le immagini che ho scelto e incluso nel loro Libro della memoria, che mi hanno sorriso e abbracciato. Ho sentito di aver portato un po’ di luce nei loro momenti più bui.

«Le fotografie, inoltre, hanno permesso loro di parlare più facilmente della loro perdita; è infatti più semplice iniziare e continuare una conversazione sulla morte partendo da un libro di fotografie». 

2. A Singapore

Altro esempio viene dall’altra parte del mondo, da Singapore, dove Shian Bang parla delle sue prime esperienze come fotografo di funerali buddisti

«Quando si accetta un incarico come fotografo per un funerale – racconta nel suo articolo su Reddit, – è fondamentale tenere presente che: 

  1. Non è un lavoro per tutti. Si tratta di un evento molto privato e doloroso, quindi ci vuole sensibilità, tatto e pazienza.
  2. Bisogna confrontarsi, con la famiglia e con l’impresa funebre, su quali fotografie si possono e non si possono fare e attenersi scrupolosamente alle loro indicazioni. È importante infatti non arrecare disturbo o, peggio, offendere i dolenti.
  3. Bisogna rendersi il più possibile invisibile: indossare abiti sobri e scuri (a meno che la religione o l’etnia non prevedano una pratica diversa) ed essere il più possibile discreto e silenzioso. Ciò significa scegliere scarpe che non facciano scricchiolare le assi del pavimento, utilizzare una macchina fotografica il più possibile silenziosa e ridurre allo stretto indispensabile l’impiego del flash.
  4. Bisogna chiedere il permesso alla famiglia prima di utilizzare le immagini per il tuo portfolio. Si tratta di foto molto personali ed è altamente probabile che la famiglia voglia mantenerle private». 

3. In India

Come si legge su Vanity Fair, Indra Kumar Jha vive e lavora a Varanasi, sulle sponde del fiume Gange – il fiume più sacro per l’induismo – dove vengono cremati una media di trecento corpi al giorno. 

Il suo compito? Fotografare i defunti durante la cerimonia di cremazione e consegnare le foto alle famiglie, in modo che esse restino come ricordo indelebile del defunto. 

Matteo de Mayda, fotografo italiano, ha conosciuto Indra a Varanasi e ha cominciato a fotografarlo durante le sue giornate di lavoro, creando insieme Sleeping Beauty, un progetto fotografico che racconta l’incredibile mestiere di “Fotografo dei morti“. 

Un nuovo business?

Forse no, però è certamente un fenomeno interessante. Le immagini veicolano infatti sentimenti e ricordi, e possono certo rappresentare un mezzo efficace per raccontare ed elaborare il proprio dolore

Staremo a vedere che cosa succederà in futuro…