Nell’intervista a Ferdinando Suvini, musicista e musico-terapeuta, docente presso il Centro Studi Musica & Arte, approfondiamo il ruolo della musica nel processo di elaborazione del lutto.
Nella foto: Ferdinando Suvini, intervistato da Alice Spiga, direttrice di SO.CREM Bologna
Dott. Suvini, prima di entrare nel merito della musicoterapia, potrebbe spiegarci per quale motivo è così importante affrontare il lutto e tutti i sentimenti – il dolore, la nostalgia, la rabbia, il senso di perdita, di inutilità, ecc. – ad esso correlati?
«La premessa fondamentale è che se non si riesce a vivere l’esperienza del dolore della perdita, si perde anche l’amore. Quando si perde qualcuno a cui eravamo affettivamente legati, si corre il rischio di rimanere congelati nel rapporto con un oggetto idealizzato che, se da un lato impedisce l’esperienza del dolore e della sofferenza, dall’altro impedisce anche la fiducia e l’amore.
«L’idealizzazione ci tiene fuori del mondo reale, rende difficili tutti i rapporti e rafforza quindi il senso di solitudine. È dunque importante l’accettazione della perdita perché permette di recuperare l’oggetto amato – e perduto – attraverso una sofferenza che apre alla vita e alla creatività. Evitare il dolore, invece, non porta ad altro che all’impoverimento della propria vita emotiva e chiude quindi alla possibilità di vivere in modo pieno e creativo (Cancrini, 2002)».
Per quanto riguarda invece l’elaborazione del lutto, può segnalarci i tratti essenziali che costituiscono questo processo?
«Quando si parla di elaborazione del lutto, ci tengo a fare una distinzione importante. Nel lutto normale, infatti, il lavoro psichico procede attraverso immagini, sensazioni, memorie, affetti, pensieri e viene svolto dalla persona in stretta interdipendenza con l’ambiente; nel lutto patologico, invece, possono essere presenti aspetti di destrutturazione della personalità per tempi estremamente prolungati o apparire accentuate forme di difesa con fasi prolungate di rimozione o negazione.
«Nel contesto così delineato mi preme sottolineare l’importanza della nostalgia, che è espressione di una positiva elaborazione del lutto; tramite la relazione nostalgica, il soggetto è infatti in grado di recuperare aspetti del rapporto con l’oggetto, conservandoli e allo stesso tempo accettandone la perdita, per quanto dolorosa essa sia.»
La nostalgia ha quindi un ruolo centrale nell’elaborazione del lutto e nella musicoterapia?
«Sì, certamente, ma non bisogna fraintendere. Con il termine “nostalgia” qui non s’intende il rimanere incollati passivamente ai ricordi, ma attingere ad essi attivamente, così da far emergere un nuovo senso della realtà.
«La nostalgia è quindi da considerare per l’essere umano prevalentemente una risorsa. È un modo positivo di afferrare il senso della caducità della vita che, come affermava Freud, non rende un fiore meno bello per il solo fatto che sia presto destinata a sfiorire. La nostalgia espressa nell’opera d’arte è tutta in questo sentimento della bellezza della vita, che sa conservarsi nonostante sia destinata a terminare a causa della sua caducità.
«Il riferimento a un’esperienza può aiutare a comprendere il processo al quale mi riferisco. Nelle sedute di musicoterapia può essere proposto a un paziente di portare una musica personale, riferita a un momento vissuto con la persona perduta. L’ascolto condiviso con il gruppo apre nella persona stessa la possibilità di contattare sensazioni, emozioni, ricordi, pensieri e fantasie che forse in nessun altro modo avrebbero potuto emergere con tale forza e intensità.
«La restituzione e la successiva elaborazione dei temi emersi attraverso improvvisazioni a tema, improvvisazioni in coppia o improvvisazioni del gruppo possono favorire l’approfondimento e la elaborazione di contenuti e vissuti. L’esperienza non è qui riferita alla musica in sé, ma alla relazione tra le persone e la musica. Questo processo attiva un rapporto profondo e intenso con la dimensione nostalgica. In questo senso l’esperienza è per il paziente nello stesso momento estremamente vivida, piacevole e intensamente dolorosa.»
Nell’esperienza da lei citata emerge l’importanza del gruppo nell’elaborazione del lutto, quale ruolo può assumere in questo processo?
«Il gruppo ha una funzione di comprensione, condivisione e contenimento nei confronti del paziente. La coesione del gruppo, il senso di appartenenza, il legame reciproco di fiducia e la possibilità di condividere esperienze emotive personali sono strettamente correlati a un alleviamento delle proprie condizioni di sofferenza.
«Il gruppo permette anche di esprimersi a livello emotivo, che è considerato uno dei fattori terapeutici fondamentali sul piano intrapersonale e interpersonale: i pazienti sperimentano un senso di accettazione, comprensione e protezione, creando una molteplicità relazionale.»
Nel contesto delineato fino a questo momento, come si inserisce la musicoterapia e come può essere d’aiuto nell’elaborazione del lutto?
«L’arte in generale contiene in sé una potenzialità integrativa e riparatrice; è stimolo alla conoscenza e alla comprensione di sé e dell’altro. Attraverso la musica, l’arte, la letteratura sono evocate emozioni, pensieri e fantasie inconsce non altrimenti contattabili o dicibili. La forma artistica viene infatti indicata come via privilegiata alla comunicazione di esperienze attraverso una dimensione pre-logica, prelinguistica e pre-verbale.
«Nelle sedute di musicoterapia quello che conta è aprire una finestra sull’inconscio senza intenzione di guidare o di incanalare le pulsioni del fruitore in una o in altra direzione; e questo compito è affidato al musico-terapeuta. La terapia musicale è prevalentemente basata sull’ascolto, dove ascoltare significa sospendere l’azione e privilegiare una posizione recettiva di osservatore, significa essere ascoltati ed essere compresi.
«L’ascolto presuppone un silenzio esterno e soprattutto un silenzio interno. Le sedute di musicoterapia nell’ambito della elaborazione del lutto creano una integrazione dinamica tra corpo, voce, suono, musica e parola. Oggetto del nostro ascolto può essere la corporeità nelle sue diverse manifestazioni. Il musico-terapeuta ascolta il corpo del paziente ascoltando il proprio corpo, ascoltando come la presenza del paziente modifica la sua percezione corporea e il suo mondo interno affettivo ed emotivo.
«Ruolo fondamentale è rivestito dal rapporto empatico, inteso sia come capacità di sperimentare internamente emozioni e stati d’animo sperimentati dal paziente sia come condivisione emotiva. Condivisione e immedesimazione vengono seguiti da un momento di distanziamento riflessivo, che permette di oscillare tra identificazione e controllo.
«Per questo, come accennato in precedenza, nel processo di elaborazione del lutto tramite musicoterapia, si rivela indispensabile il silenzio. La musica, per esistere, ha bisogno di pause. Nasce dalle pause. Si tratta di un silenzio che segna un confine, che argina il troppo, che cancella il rumore.
«Ma il silenzio va oltre a questo: se si supera la paura del nulla che il silenzio richiama, se non si ha orrore di riconoscere quel vuoto che ci si affretta a riempire e lo si lascia agire, si può infatti trovare la strada verso un’apertura, nuovi orizzonti di senso, un gioco di pieni e di vuoti, un movimento verso ciò che non può essere espresso. Non soltanto quindi il silenzio in se stesso, ma silenzio come movimento, come viaggio verso qualcosa: movimento che scava silenzio intorno ai suoni, che trova il silenzio all’interno del suono. Un divenire silenti e scoprire l’ascolto (Rovatti, 1992).
«In questo silenzio nutrito dai corpi, dai suoni, dalla musica e dalle parole nasce, poco alla volta, uno spazio dedicato ai principali bisogni e desideri delle persone che partecipano ai gruppi di elaborazione del lutto: protezione, fiducia, appartenenza, rispetto e condivisione. Il silenzio offre l’opportunità di dare voce e parole a chi, immerso nel dolore immenso e non consolabile che appartiene al percorso esistenziale dell’essere umano, prova a trovare un senso per la propria esistenza ferita».
Bibliografia degli autori citati
Cancrini T. (2002), Un tempo per il dolore, Bollati Boringhieri, Torino
Rovatti P.A. (1992), L’ esercizio del silenzio, Raffaello Cortina Editore, Milano